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Sala da Tè Babingtons, il libro

Incominciò la sua opera delicata. Accese la lampada sotto il vaso dell’acqua; aprì la

scatola di latta, dov’era conservato il the, e mise nella porcellana una quantità misurata

d’aroma; poi preparò due tazze…”

La novità ha luogo nel 1893 con l’incontro a Roma di due signorine inglesi, Miss Anna

Maria Babington e Miss Isabel Cargill, venute nella Città Eterna, con un gruzzolo di

100 sterline, non per puro diporto ma con la ferma intenzione di aprirvi un’attività

commerciale.

Il 5 dicembre 1893 esse aprono una sala da tè in Via Due Macelli 66. Per Roma è una

gran bella novità. Qualche giorno prima un settimanale in lingua inglese che si pubbli-

cava nella Capitale, The Roman Herald, anticipava in termini entusiastici ai lettori che

“a Roma è stata finalmente colmata una grave lacuna”

Da buone inglesi, per giunta con quel fiuto per gli affari che avevano già dimostrato,

è probabile che Miss Babington e Miss Cargill avessero sempre sognato di potersi un

giorno insediare nella splendida ma soprattutto frequentatissima piazza.

Fra le considerazioni che possono averle convinte al trasferimento una è da porsi in

cima alle altre: erano consapevoli di offrire un prodotto tipicamente anglosassone, e, a

tal fine, quale luogo poteva rispondere meglio di piazza di Spagna cioè quella parte di

Roma frequentata quasi esclusivamente dai visitatori stranieri, anglosassoni in primo

luogo? In tal senso la piazza aveva una tradizione ormai secolare.

Vale la pena riportare la curiosa esperienza fatta dal romanziere Charles Dickens il

quale narra di come, recatovisi per la prima volta, non riusciva a capacitarsi perché le

facce che incrociava sulla scalinata gli apparivano così familiari. Finché dopo qualche

giorno gli sovvenne di averle viste per anni ed anni in tanti quadri ambientati a Roma

ed esposti nelle mostre londinesi!

Ci sia permessa un’ultima curiosità su “piazza d’Inghilterra”. Da

Augustus C. Hare in Walks in Rome sappiamo che ai primi del Novecento, al n.54, era la

sede della Società per la prevenzione della crudeltà verso gli animali della quale era

segretario L. Hawkesley. Più inglesi di così…

 

Una fedele descrizione del nuovo ambiente creato da Miss Babington e Miss Car

gill ci è pervenuta attraverso i ricordi di Dorothy, figlia di quest’ultima: “Un pavimento di

stuoie di cocco fu steso da muro a muro e furono installati lampadari a gas. Le pareti

erano rivestite con linoleum di una tinta fra il verde scuro e il marrone (probabilmente

l’ultimo grido in fatto di arredamento). L’arredo consisteva in tavolini quadrati di pino

scuro mentre tavolini tondi più grandi occupavano gli angoli. Sedili imbottiti cingeva-

no le pareti, una grossa palma ornamentale stava al centro della prima sala mentre due

piante di bambù erano ai lati degli scalini che, attraverso un arco, portavano nella seconda

sala. L’arco era ornato da una elegante tenda di pesante tessuto cordonato rosso

scuro raccolta ai lati con due anelli. Le sedie erano di semplice legno ricurvo e paglia

naturale con cuscini verdi.

Le teiere, in metallo Britannia, erano importate dall’Inghilterra perché in Italia non

esisteva niente di simile… All’epoca il the poteva essere acquistato soltanto in farmacia

ed era usato esclusivamente come bevanda medicinale quale una buona tisana per la

febbre…

Buona parte delle ricette erano riprese dal famoso libro di cucina di Mrs. Beeton. Que-

sto libro era e resta una vera e propria Bibbia dell’arte dei fornelli e della conduzione

della casa. Pubblicato nel 1859-61 su The Englishwoman’s Domestic magazine da Mrs.

Isabella Mary Beeton (1836-1865), uscì successivamente in volume nel 1861 con il

titolo The Household Management. E’ il più celebre libro di economia domestica in

lingua inglese, un’opera particolare con ricette abitualmente dosate per grandi pranzi e

numerosi commensali.

Intanto in quell’anno a Miss Babington e a British Stores si è aggiunto, con tanto di spa-

zio pubblicitario, un altro locale che suscita qualche curiosità:

Tea Rooms – Vendita a beneficio dei Poveri sotto la presidenza della Principessa Pallavicini

in via del Corso 5, 6, 7, 8, 9. L’anno dopo Miss Anna Maria Babington, oltre che alla voce

“casa da the”, è presente sempre nella Guida Monaci, nell’elenco delle “famiglie principali

per censo” con domicilio in piazza Trinità dei Monti 13a.

Il pittore Giuseppe da Pozzo merita una breve divagazione e non solo perché entrato

nella leggenda di Babington. Originario di Maranzanis in Carnia dove era nato nel 1844

(morirà nel 1919), si trasferisce a Roma forse attratto dalle maggiori possibilità di lavoro

che la città offre. Prende parte alla vita artistica esponendo più volte alle mostre

annuali della Società degli Amatori e Cultori delle Belle Arti. Dal 1909 è socio della

romana Associazione degli Acquerellisti e partecipa alle mostre del sodalizio. Si cimenta

sia in quadri di paesaggio che in espressivi ritratti ad olio, ad acquerello e a pastello. Le

sue opere, fra le quali numerose le vedute di Venezia, sono particolarmente apprezzate

dalla  clientela straniera. L’artista apre anche una scuola di pittura, significativamente

denominata Academy for ladies: fra le sue allieve c’è appunto Isabel Cargill che

diventerà sua moglie.

Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale e l’esistenza si fa durissima per tutti coloro

che avevano fondato Babington. Il pittore da Pozzo, gravemente ammalato di cuore,

occupa gran parte del tempo di sua moglie Isabel. Tuttavia anche lui vuole dare una

piccola mano e nel pomeriggio raggiunge Isabel, Annie e Anna Maria assumendosi il

compito di prendere il tram soprattutto per farsi cambiare i soldi di carta in introvabili

spiccioli. Ricorda Dorothy: “Ero alla finestra con mia madre, fuori pioveva e lei aveva

il volto rigato dalle lacrime: se solo avessimo una rendita di 100 sterline all’anno, come

sarebbe diversa la nostra vita”.

Ma è a questo punto che la sorella di Isabel, Annie, prende in mano le redini della si-

tuazione. Donna meravigliosa, adorata e prediletta da tutti; immensamente generosa ed

individualista. E’ la protettrice di chiunque si trovi nei pasticci tanto che in un’occasio-

ne dà asilo ad una povera servetta che la padrona ha licenziato e chiuso fuori di casa

offrendole un letto per la notte. E’ sempre contornata da cani e gatti randagi ed in tasca

non le manca mai un sacchetto di caramelle per i bambini.

E’ una delle piccole ironie della storia come un locale con queste esplicite caratteristi-

che possa sopravvivere attraverso un ciclo storico del Fascismo e le sue manifestazioni

più riduttive e che, addirittura, veda avvicendarsi ai tavoli delle prime due sale gerarchi

e uomini politici mentre la terza sala, a pochi metri di distanza, diventa il discreto punto

d’incontro di molti avversari del regime.

 

 

E’ il periodo eroico in cui ci si sforza di accontentare i clienti rimasti malgrado tutto e di

farlo con ricette insolite e curiose quali il pane fatto con fecola di patate, le crocchette

di noci e le paste di farina di ceci mentre il servizio è inappuntabile e discreto come

sempre, nel rispetto della tradizionale privacy e, all’esterno, l’evidente insegna

inneggiante, in una lingua bandita, ad una bevanda così poco italica. Solo per un giorno,

anzi per poche ore, il 4 giugno 1944, le ante rimangono immobili al loro posto sulle finestre

e le sale deserte e silenziose: ed è proprio il giorno dell’ingresso a Roma delle truppe

alleate!

A Londra, nell’enorme magazzino di Worship Street, tra casse di the esotici dai profumi

più incredibili, Mr. Richardson, il proprietario, e Valerio, nipote di Isabel, mescolano,

aggiungono, tolgono e finalmente inventano la miscela Babington Special Blend. Ma

non basta. Questa miscela va bene sì, ma con l’acqua di Londra; bisogna portare l’acqua

della Barcaccia in Inghilterra per adattarvi la miscela. Con una bottiglia sottobraccio

Valerio riparte alla volta di Londra per il perfezionamento finale del the Babington.

Da Babington ci si va prima da ragazzi, poi ci si ritorna da genitori, poi da nonni, ac-

compagnati alla fine dai nipoti: questi ultimi percorreranno come i loro cari il percorso

generazionale che potremmo chiamare il percorso di vita da Babington, alla stregua di

quelle allegorie, anche inglesi, che illustrano la vita delle persone attraverso le tappe

dell’età. Ma l’atmosfera di Babington, ancora una volta tanto decantata, sarà sempre la

stessa e non cambierà; come al solito, fra tante altre cose, s’instaurerà quel simpatico,

cordiale, umano rapporto affettuoso tra il personale e la clientela.

 

 

Sala da tè Babington

La versione completa di questo libro

è acquistabile presso la sala da té Babington

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